Le 7 “Regole d’Oro” della comunicazione efficace (seconda parte)

Leggi la prima parte di questo articolo a questo indirizzo.

 

Regola 5 – Fai domande

Non è vero che “Domandare è lecito, rispondere è cortesia”, perché se fai domande maleducate o arroganti, non credo ti venga risposto con cortesia.

Invece, è che vero che “Chi domanda, comanda”, perché fare domande ti permette di guidare la conversazione verso la direzione che vuoi.

Chiaramente, non deve essere una serie di domande chiuse (quelle che presuppongono risposte “sì/no”) fatte a raffica, altrimenti stai facendo un interrogatorio.

Devono essere domande aperte (che solitamente iniziano con le parole “Cosa…” e “Come…”), che lascino spazio all’interlocutore di dare risposte ampie e, soprattutto, ricche di informazioni, il cui vantaggio mi sembra evidente.

E c’è di più: porre domande farà sì che il tuo interlocutore si senta importante e valorizzato, perché le domande che gli farai gli faranno percepire il tuo interesse nei suoi confronti.

3 ovvie accortezze quando fai domande: innanzitutto, evita di partire con un’altra domanda, se il tuo interlocutore non ha ancora finito di rispondere alla precedente; in secondo luogo, quando fai domande, poi ascolta davvero le risposte (vedi la Regola 1); infine, se ne hai la possibilità prendi appunti sulle risposte che ti vengono fornite (magari chiedendo prima il permesso di farlo), perché questo ti tornerà molto utile in un secondo momento.

 

Regola 6 – Fai i “check di comprensione”

Anche in questo caso si tratta di domande. Ma mentre nel punto precedente le domande di cui parlavo erano finalizzate a creare una relazione e ottenere informazioni, qui si tratta di domande che ti permettono di essere sicuro che l’interlocutore stia capendo ciò che gli dici e stia seguendo il discorso.

È importante farle, perché spesso le persone fanno finta di capire, perché hanno paura di fare una brutta figura ad ammettere di non aver davvero compreso. Se sollecitate nel modo giusto, invece, sarà più facile per loro ammettere, eventualmente, che qualcosa non gli torna.

Qual è dunque questo modo giusto?

Tutti sanno che è sbagliato chiedere all’interlocutore “Ha capito?”, perché questo equivale a mettere in discussione la sua abilità di comprendere e, in altri termini, a dargli dello stupido.

Molti sostengono che sia meglio dire “Sono stato chiaro?”, o “Mi sono spiegato?”. Niente di più sbagliato, perché queste frasi mettono in discussione la tua abilità di spiegarti e di essere chiaro e corrispondono a un clamoroso autogol che ti fa perdere autorevolezza.

Dunque, di tanto in tanto, è bene fermarsi e chiedere “Fin qui, ha qualche domanda?”, oppure “C’è qualcosa che mi vuole chiedere a riguardo?”, o ancora “Desidera approfondire qualche punto?”, o al limite un “Fin qui tutto ok?”.

Come vedi, sono tutte frasi neutre, che non mettono in discussione né la sua abilità di capire, né la tua di spiegarti.

Qui siamo nel campo dell’Intelligenza Linguistica e, al di là di questo, è ovvio che tali domande sono fondamentali sia per accertarti che la relazione stia procedendo nella direzione giusta, sia per far percepire all’altra persona che ti importa di lei (e del fatto che capisca!).

 

Regola 7 – Non dire “no”

Anche in questo caso ci troviamo nel campo dell’Intelligenza Linguistica.

La parola “no” è quella che, più di tutte, va evitata quando l’obiettivo è costruire una buona relazione con l’interlocutore.

Questa parola, infatti, mette in allarme il sistema neurologico dell’individuo, innescando le stesse reazioni che abbiamo di fronte a un pericolo: attacco, blocco, fuga.

Immagina di entrare in un negozio di abbigliamento e chiedere al commesso se ha una maglietta gialla e di sentirti rispondere un secco “no”. Poi chiedi se ne ha una verde, e di nuovo un bel “no”. Cosa fai? Scommetto che prima resti un po’ spiazzato, perché magari ti aspettavi una risposta un po’ più articolata o comunque che il commesso ti proponesse altro (blocco). Poi, probabilmente l’istinto è di picchiare il commesso (attacco). Poi, la reazione che metti in pratica è di andartene velocemente da quel negozio (fuga).

Certo, ma se la maglietta che cerchi non c’è davvero, il commesso non poteva ovviamente rispondere “sì”, giusto? Giusto, ma poteva dire “no”, senza dire “no”: “mi spiace, le abbiamo terminate”, “arrivano la settimana prossima”, “le abbiamo solo azzurre”, “ci sono rimaste solo camicie” e così via.

Ecco, in generale ricordati che invece di dire “no, non è così”, “no, è sbagliato”, “no, non sono d’accordo” è molto meglio dire “sì, ho capito quello che hai detto, e cosa ne pensi di questa soluzione?”, o ancora “sì, ho compreso il tuo punto di vista, e come troviamo un punto d’incontro con quest’altra cosa?”, oppure “sicuramente hai i tuoi buoni motivi per dirlo, e cosa ne dici di questo?”.

Ricordati: il “no” chiude le porte, mentre il “sì” le apre!

 

Per concludere

Tutte le regole di cui ti ho parlato sono molto semplici da comprendere, ma non altrettanto da applicare.

E questo non tanto perché siano particolarmente impegnative, quanto perché non siamo abituati a metterle in pratica.

Il cervello è pigro e preferisce prendere strade conosciute e già ampiamente utilizzate, piuttosto che crearne di nuove, perché la cosa comporta fatica (è qui che entrano in gioco le pericolosissime frasi “Ho sempre fatto così” e “Io sono fatto così”).

Dunque, il suggerimento è quello di iniziare da una di esse e di allenarti finché non diventa una cosa spontanea.

Solo a quel punto, passa alla successiva.

Lo so, richiede energia, impegno e tempo (ricordati che le abitudini richiedono almeno 6 mesi di pratica per essere cambiate!), ma ne varrà decisamente la pena e i risultati arriveranno sicuramente!

 

 

 

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