Evita di usare il verbo “provare”

Quando parliamo o scriviamo, pur essendo animati dalle migliori intenzioni, a volte capita di non riuscire a raggiungere i risultati desiderati.

Capita di essere fraintesi o addirittura di non essere capiti.

Capita di voler trasmettere determinate emozioni, e invece l’interlocutore ne recepisce altre.

Capita di indisporre l’altra persona, quando invece l’intento era magari tutt’altro.

Questo avviene perché ci hanno insegnato a parlare e a scrivere, ma non a comunicare. E sono cose ben diverse.

E avviene anche perché il cervello ha specifiche “regole di ingaggio” che, se non utilizzate correttamente, fanno sì che esso non si senta coinvolto, non capisca il senso di ciò che gli viene comunicato e, di conseguenza, non agisca nel modo auspicato.

Poiché le tecniche di comunicazione “serie” si basano su questi precisi meccanismi del cervello umano, prima di spiegarti perché è meglio evitare il verbo “provare” è bene fare un passo indietro e analizzare alcuni di questi meccanismi.

 

Cervello, questo sconosciuto

Molti studi in diversi ambiti (scientifico, medico, finanziario, ecc.) hanno ormai dimostrato che l’essere umano non è affatto razionale. Per essere più specifici, l’essere umano decide con un mix di istinto ed emotività e poi giustifica razionalmente le scelte compiute (la famosa sequenza dei Tre Cervelli: prima l’istinto – il Cervello Rettile – poi le emozioni – il Cervello Limbico – infine la razionalità – il Cervello Moderno o Neocorteccia).

Il che significa che, prima di andare a convincere la parte razionale del cervello umano, è necessario andare a coinvolgere quella istintiva ed emotiva (sono due parti distinte, ma qui, per semplificare, ne parlo come fosse un’unica parte).

Ebbene, questa parte del cervello ha specifiche regole.

Una di esse riguarda il fatto che esegue i comandi in modo letterale.

Tutto ciò porta con sé due conseguenze: la prima è che, per attivare questa parte del cervello dell’interlocutore, bisogna utilizzare verbi all’indicativo presente e, soprattutto, all’imperativo presente; la seconda è che bisogna utilizzare parole dal significato chiaro, cristallino, impossibili da fraintendere.

Iniziamo dal primo punto e, a tal proposito, so cosa stai pensando: “Non posso dare dei comandi all’interlocutore, perché risulterei aggressivo, arrogante, maleducato. Meglio usare il condizionale”.

Per prima cosa, sappi che il condizionale proprio non funziona, nel senso che non viene recepito dal cervello. Pensa al cervello come se fosse un computer: tu al computer dici “manderesti la mail” o “manda”? Dici “eseguiresti il video” o “esegui”? Dici “apriresti il file” o “apri”?

Ecco, il cervello ragiona allo stesso modo. In più, sappi che frasi come “mi manderesti la mail per favore?” non hanno alcuna efficacia, perché il cervello pensa “sì, la manderei, ma non lo faccio”. In altre parole, una volta ingaggiato, il cervello resta in attesa di istruzioni. E queste istruzioni devono essere chiare, lineari, dirette.

So bene che questi errori si compiono perché vogliamo essere morbidi, delicati, educati.

Ma possiamo essere tutto questo, e in più efficaci.

E prima di svelarti come si fa, voglio fare un’altra riflessione: a nessuno piace ricevere ordini, eppure ne riceviamo tantissimi ogni giorno senza nemmeno accorgercene, il che significa che il cervello non li interpreta come aggressivi o maleducati: “Metti nel carrello”, “Scrivi una recensione”, “Acquista ora”, “Viene a scoprire la nuova Golf”, “Contattami per eventuali domande”, ecc.

E dunque, come si fa a essere educati e, al tempo stesso, efficaci? Tornando all’esempio della mail, puoi usare frasi del tipo “Per favore, quando hai tempo mandami quella mail, così inizio a lavorarci”, o anche “Per cortesia, quando riesci e hai modo, inviami la mail, così velocizziamo il processo”, ecc.

Certo, se stai parlando (e non scrivendo), fai in modo che la tua comunicazione paraverbale e quella non verbale siano morbide, educate e coerenti con il messaggio che vuoi trasmettere.

E quanto al verbo “provare”? Continua a leggere…

 

Perché evitare il verbo “provare” (e simili)

Come si diceva, il cervello ha bisogno di ricevere istruzioni chiare, in modo che possa organizzare le sue risorse al meglio per eseguire l’azione richiesta.

Ebbene, “provare”, esattamente come “cercare di” o “tentare di”, non significa né “fare”, né “non fare”.

È un verbo che, a livello letterale, non ha un significato preciso.

Torniamo alla metafora del computer: gli dici “prova a mandare la mail” o “manda la mail”?

Ecco, nel momento in cui ti chiedi a qualcuno di “provare” a fare qualcosa, il suo cervello si blocca, non capisce cosa deve fare e, soprattutto, non mette in campo tutte le risorse a disposizione per fare quella cosa. Del resto, non gli hai chiesto di “farla”, ma solo di “provarci”.

Allo stesso modo, e qui tocchiamo il delicato tema dell’autorevolezza, quando qualcuno ti chiede di fare qualcosa, evita assolutamente di rispondere “ci provo”.

Questo per due motivi.

Il primo è che, dicendo queste parole, stai dando al tuo cervello un comando che non verrà recepito: non saprà cosa deve fare, non organizzerà la risorse interne al meglio e, soprattutto, troverà qualsiasi scusa nel caso (assai probabile) non riuscisse a portare a termine il compito… del resto, doveva solo provarci, giusto?

Il secondo è che, appunto, dicendo così trasmetti al tuo interlocutore pochissima sicurezza in te stesso, nelle tue capacità, nella buona riuscita dell’operazione che ti è stata richiesta. È come se stessi mettendo le mani avanti, dicendo “Non so se sono in grado di farlo, dunque, qualora non riuscissi, io ti avevo avvisato”.

Ecco, se la richiesta ti viene fatta da un tuo superiore, da un tuo cliente o anche da una persona che ami, capisci bene che trasmettere un messaggio del genere non ispira né tranquillità, né coerenza, né fiducia.

E dunque come sostituire queste frasi poco felici con altre molto efficaci?

 

Come sostituire efficacemente il verbo “provare”

Nel primo caso, ossia quando vuoi chiedere a qualcuno di fare qualcosa, valgono gli stessi esempi fatti quando ti parlavo dell’imperativo presente. Ecco un altro esempio: invece di dire “Magari quando hai tempo prova a mettere in pratica alcuni di questi strumenti”, impara a dire “Magari quando hai tempo inizia a mettere in pratica alcuni di questi strumenti”.

Ti faccio notare che nella riga qui sopra io non ho scritto “prova a dire”, bensì “impara a dire”. E ti faccio notare che ti ho anche dato un comando, ma dubito che il tuo cervello lo abbia recepito come maleducato, giusto?

Nel secondo caso, invece, cioè quando ti viene da rispondere a una richiesta con “ci provo”, rispondi invece con frasi come “Ce la metto tutta”, “Farò del mio meglio”, o ancora “Mi impegnerò al massimo”. In questo modo otterrai un duplice vantaggio: darai al tuo cervello i giusti comandi per attivarsi internamente con estrema efficacia e in più trasmetterei fiducia, autorevolezza e proattività al tuo interlocutore.

 

Per concludere

Come per tutte le cose che riguardano l’Intelligenza Linguistica, so bene che si tratta di concetti che, sulle prime, possono spiazzare.

È del tutto normale: siamo abituati a usare determinate formule linguistiche da anni, sia perché “ci hanno insegnato così”, sia perché “fanno tutti così”. Di conseguenza, il cervello, che è pigro e non ama i cambiamenti (la famosa zona di comfort), fa resistenza ogni volta che si tratta di approcciare qualcosa di diverso dall’usuale.

L’unico suggerimento, in tal senso, è: usa questi strumenti e verifica sul campo i risultati. Solo così potrai convincerti della loro grande efficacia.

Sappi anche che il tema appena trattato rappresenta un piccolo dettaglio di un argomento estremamente più vasto, che ha ripercussioni molto importanti in ogni ambito della nostra vita: il linguaggio (orale e scritto), che è il principale strumento che usiamo per relazionarci con gli altri.

 

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